Paolo Giorgio Bassi

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Bohemian Rapsody – introduzione

28 Novembre 2018

Mi ricordo molto bene di chi non ascoltava musica rock. Con aria piuttosto blasé notavano la pochezza armonica della musica leggera, ma anche delle canzoni di denuncia, che pure avevano una caratura che almeno a contenuti voleva valicare l’intrattenimento.

Dai Pink Floyd alle alzate di spalle

I Pink Floyd, magari di sfuggita. La prog, magari con un’alzatina di spalle saccente: certo la PFM, comunque sono musicisti, il Banco del Mutuo Soccorso, i New Trolls, tutti sono orecchiabili e almeno da un genere statico, ci hanno provato a tirar fuori un concetto più strutturato.

In certi ambienti però l’ammissibilità della progressive era crudelmente messa in dubbio: come si può dopo un piano concerto di Rachmaninov tornare a questi piatti pieni e vuoti da estasi psichedelica?

Il jazz è un discorso a parte, perché come sappiamo anche professionalmente, e intendo a livello di concerti, di Conservatorio, i rami a un certo punto dello studio della musica si dividono. O saluti Bach o Keith Jarret, e non necessariamente la stoffa dell’interprete si nota per la versatilità nel passaggio dall’uno all’altro. Forse dell’improvvisatore, però gli interpreti hanno sempre dato meno concessione alla versatilità, in nome della pienezza di uno stile.

Questione di maniera

Or, al di là dei discorsi sul manierismo, mi piaceva parlare dei Pink Floyd, ma non sono qui per questo.

Però prima di arrivare al punto, c’è un’altra premessa: dobbiamo rimanere spostati oltre Manica. Al di qua, se dico “rock impegnato” intendo i cantautori, una scuola tipicamente italiana e francese. Oltre, si pensa non solo al Punk, ma anche a quei pionieri di nuovi generi che gettavano le basi della grandezza britannica, ma anche che definivano la loro maniera cosicché dei posteri fiduciosi potessero replicarla. Di Brit Pop ce ne fu uno stuolo, come anche di musica punk. Di Garage, di Heavy Metal, potrei stilare un elenco lunghissimo.

E non saprei comunque dove collocare in questo elenco i Queen.

Un gruppo che in nessun senso ha cercato la legittimazione nella musica impegnata, e che pur essendo tenuto in vita dalla bravura strumentale di questi professionisti usciti dal Conservatorio, non ha voluto indulgere alla sperimentazione delle foschie di pub intellettuali.

Bohemian Rapsody

I Queen avevano, mi ricordo, un’energia che in qualche modo, pur facendo parte del club dell’alzatina di spalle, comprendevo.

Esce in questi giorni l cinema un film sui loro primi 15 anni di vita, che si intitola “Bohemian Rapsody”.

(continua)

Posted in: Chiacchiere di musica Tag: bohemian rapsody, musica, queen, rock

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