Eccellenza italiana nell’Umanesimo e Rinascimento, l’affresco costituisce uno dei motivi per cui possiamo essere più fieri dell’avanzamento tecnologico e manifatturiero raggiunto dai nostri artisti/artigiani. Attenzione, con questo accostamento non voglio affatto sminuire l’elemento artistico e di immortalità di linguaggio che i nostri artisti quattro e cinquecenteschi hanno saputo impostare e portare all’interesse del mondo.
Però riflettiamoci: l’affresco richiede una grande conoscenza non solo di una tecnica ben precisa e per sua natura “rapida”. L’affresco richiede anche di padroneggiare alcune conoscenze ingegneristico-architettoniche, come la posizione delle pareti, l’esposizione degli edifici, la luce, l’umidità degli ambienti, e molto altro.
Vediamo di concentrarci un attimo sulla specifica tecnica che viene utilizzata nell’affresco, e sui requisiti tecnici necessari per poterla applicare.
La tempera a secco e l’affresco
Come rifinitura di un affresco, si parla di “tempera a secco” o di uso della calce, cioè di un materiale fresco; anche la velatura applicata alla fine della giornata lavorativa può contenere leganti organici. Questa tecnica composita (calce e tempera organica) viene utilizzata sulle “pontate” (le cosiddette giornate di lavoro) dove la carbonizzazione pura era solo una base del lavoro. Con la tecnica del “giorno”, la tempera ausiliaria fu messa da parte, ma non completamente abbandonata. La tempera ausiliaria fu utilizzata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, giusto per citare un esempio molto noto.
Non è facile riconoscere a prima vista un affresco puro da uno realizzato con la tecnica del “secco”, tanto più se il tempo ha consumato e livellato le superfici cromatiche, ma un attento esame della densità degli strati e del loro comportamento nel tempo ci permette di capire molte cose. Un esempio è l’affresco di Giotto nella cappella Bardi: la chiesa di Santa Croce a Firenze, dove le vesti di Santa Chiara sono state formate utilizzando una tempera ausiliaria sopra una sagoma affrescata.
Una spiegazione di ciò deriva dal fatto che l’ampia stesura dell’intonaco, che comprendeva l’intera immagine, richiedeva un tempo di lavoro superiore a quello disponibile per la vera pittura a fresco. Per questo motivo, Giotto ricorse a un assistente.
Già ci si palesa la realtà di bottega così tipica degli artisti italiani, e così peculiare della definizione di artista-artigiano che ho voluto dare poco fa.