Paolo Giorgio Bassi

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Il cancello che sbatte e altre installazioni interessanti – Biennale 2019

5 Novembre 2019

La distruzione e la scomposizione

Partiamo dall’esterno e andiamo a vedere il relitto del peschereccio con 700 migranti che affondò tra la costa nordafricana e la Sicilia nel 2015. Il relitto è collocato al centro del bacino dell’Arsenale ed è stato voluto dal direttore della Mostra in persona, Ralph Rugoff. L’installazione ha suscitato numerose polemiche per l’attinenza politica che ha e per la forte provocazione che ne segue.

Un’altra opera che evoca distruzione e screzio è il cancello che sbatte contro un muro, distruggendolo, ininterrottamente. Autore, l’indiano Shilpa Gupta. C’è poi, in una stanza vicina, l’incredibile moto da 200 cavalli tagliata perfettamente in due dall’artista tedesca Alexandra Bircken.

Eterna ripetizione di un atto

Forte l’impatto che questi due manufatti umani spezzati e malfunzionanti genera, in noi che pretendiamo la corretta e perfetta funzionalità di quanto acquistiamo. Ma soprattutto il cancello va collegato a un’altra installazione, il gigantesco robot nella teca di plexiglas dei cinesi Sun Yuan e Peng Yu (nella foto). Il robot presenta un braccio meccanico che instancabilmente si allunga sul pavimento e raccoglie del liquido rossobruno che imbratta il pavimento. Il liquido viene raccolto incessantemente, e poi riscivola via non appena il braccio cambia la sua zona di raccolta. A simboleggiare cosa, ancora non lo so, anche se il moto incessante non è abitualmente collegato a un oggetto così grande, e di uso industriale.

L’arte non fa, crea

Penso che la riflessione più scontata in seguito a quest’ultima opera che ho nominato riguardi la capacità creativa dell’arte. Con “creativa” intendo “di creare”. Infatti se il braccio si fosse collocato in un contesto industriale, dal suo moto sempre uguale sarebbero nati oggetti pronti all’inserimento in una più grande catena di montaggio. Al suo funzionamento avrebbero provveduto dei tecnici. E invece l’arte non ha la necessità di rendere fattuale il movimento. Quel che dobbiamo fare noi spettatori è guardare, pensare, creare un nuovo significato.

Posted in: Arte Tag: 2019, biennale, paolo giorgio bassi, venezia

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