Paolo Giorgio Bassi

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Maschere della Commedia dell’Arte

20 Marzo 2020

Chi non le ha conosciute, le nostre maschere della Commedia dell’Arte? Anche solo in versione semplificata per una recita scolastica, o agli spettacoli di burattini. Scusate, dimenticavo che i burattini sono per i nativi digitali ciò che per me sono le altalene fabbricate con i copertoni.

Pazienza, significa che la nostra rassegna di maschere partirà proprio dall’inizio. Ovvero dai primordi di quella che diventò una tecnica di recitazione e spettacolo celebre in tutto il mondo.

Le maschere della Commedia dell’Arte: come nascono

Una brevissima introduzione sulle maschere della Commedia dell’Arte. Ci sono tanti testi dai quali attingere per capirne di più. Spaziamo dalla teoria del teatro, che naturalmente avrà meno ambizioni filologiche e più artistiche/psicologiche.

Ci sono poi alcuni trattati letterari che le prendono in considerazione tentando di contestualizzarle nell’ambito di appartenenza e nel contesto socio-politico.

Certo, è molto difficile trovare una versione univoca, quindi mi sono basato sulle informazioni più diffuse, che quindi non attribuisco a mie personali convinzioni o ricerche ma piuttosto a un incrocio di fonti.

Non sono né un linguista né un archeologo, e non ambisco a esserlo. Cerco di godermi le emergenze di quel che è rimasto dalle maschere della Commedia dell’Arte. Iniziamo.

Le classiche maschere della Commedia dell’Arte

Il primo che viene in mente, a chiunque abbia quella minima conoscenza da teatro di burattini di cui parlavo, è indubbiamente Arlecchino.

Il simbolo stesso del Carnevale e della trasgressione allegra mascherata, Arlecchino è il servo furbo. Sa fingersi nobile per riuscire nei suoi furtarelli, è simpatico e “uno del popolo”. È furbo perché sebbene non sappia far nulla, riesce a sopravvivere in un mondo che gli è avverso. Spende a dismisura, ha appetiti sessuali e alimentari mai sopiti. Potremmo rivederci il servo bugiardo della commedia latina.

Abbiamo poi la avvenente Colombina. Risparmiosa, è una donnina del popolo non esente da picchi di lirismo, in alcune produzioni. Spesso le altre maschere si innamorano di lei.

Il vecchio viscido e attaccato al denaro non poteva mancare, ed è Brighella. Ma il più spassoso avaro in assoluto è Pantalone. Un Paperon De’ Paperoni che naviga nell’oro ma continua a lucrare sulle piccole cose, e vive da povero. È lamentoso e ostacola rigorosamente le avventure delle altre maschere, specialmente le più giovani e ingenue.

Se vi è piaciuta questa infarinatura, continueremo con delle altre puntate!

Posted in: Arte Tag: maschere, paolo giorgio bassi

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