Vi siete mai chiesti come diventare tiranni?

No, non parlo di fantasie auto-mitizzatorie tipiche dell’adolescenza, ma di una serie TV molto interessante di cui ho visto il trailer di recente.

“Come diventare tiranni” è una visione che consiglio a chi vuole capire la sensibilità  dell’oggi intercettando quali sono i desideri che più colpiscono i millennials. Non parlo certo d “La banalità del male” di Hannah Harendt o delle riflessioni di Adorno, ma nemmeno de “Il secolo breve” o di altri capisaldi della nostra letteratura dell’interpretazione delle dittature novecentesche.

Preferisco specificarlo in apertura, per evitare di mandarvi tutti a cercare questo prodotto – che comunque è un prodotto pop – con un sano spirito epistemologico.

Nulla di serio, anzi

Gli argomenti dell’avvento al potere appaiono ai miei occhi come semplicistici e trattati con un tono sensazionale che francamente lascia un po’ il tempo che trova.

Però, poi ho pensato, io appartengo ormai a una generazione diversa, per certi versi vetusta e che ha avuto anche la rivendicazione culturale come caratteristica intrinseca.

Oggi come sono questi giovani che minimamente si interessano alla storia?

Cosa colpisce la loro fantasia? La critica spasmodica che portavamo avanti noi, la destrutturazione sistematica, oppure invece una forma più serena e inclusiva di studio e comprensione?

Penso che una serie tv come questa aiuti a entrare in punta di piedi in una mentalità che è irrimediabilmente diversa dal passato. Se questa serie è diventata di successo – e mi pare che lo sia diventata – allora il compito di chi analizza la realtà è chiedersi: cosa l’ha resa così intrigante?

Una questione di tono

Forse è il tono sensazionalistico. O forse la lontananza con alcuni eventi trattati – dall’ascesa di Hitler alla odierna dittatura nord-coreana, comunque sentita solo con il filtro della cronaca spiccia.

La divulgazione è una branca della scienza a sé. Partendo da essa la scuola deve forgiarsi, e spingere verso un livello di approfondimento successivo.