Il personaggio di Giacomo Casanova è stato largamente rappresentato sullo schermo. Di lui si è detto, si è narrato, si è letto e si è riletto cercando una chiave interpretativa che fosse sempre diversa. Al di là della sua vita licenziosa e avventurosa, politicamente e umanamente, Giacomo Casanova fu un intellettuale.
Un intellettuale
Un intellettuale, aggiungerei, di non altissima levatura sociale, il che gli procurò non pochi dissapori con chi attorno a lui non voleva riconoscere la sua grandezza umana che travalicava il suo status. Tutti noi appassionati di questa controversa figura ricordiamo il maggiordomo che nel castello di Waldenstein a Dux, in Boemia, gli fece subire le peggiori angherie, più spesso senza intimidazioni dirette, ma con piccoli gesti e dispettucci.
Anche il fatto che Casanova abbia finito la sua vita lavorando come bibliotecario per 13 anni del castello di Dux in Boemia la dice lunga sul fatto che avesse bisogno di lavorare per vivere.
Non poteva certo permettersi di campare della vendita dei suoi scritti, anche perché l’Histoire fu pubblicata solo postuma e ben emendata o meglio censurata dalle parti più scabrose. Pubblicata solo nel 1822 in tedesco e nel 1826 in francese in versione fortemente emendata, solo nel 1960 l’Histoire de ma vie vedere la luce integralmente, esattamente come l’intellettuale veneziano l’aveva redatta.
Perché epurare il testo di Casanova?
Quando il primo editore si decise a pubblicare le memorie di Giacomo Casanova ebbe la fortissima spinta verso l’epurazione del testo, perché la moralità europea rispetto alla prima metà del Settecento era fortemente mutata.
La Rivoluzione Francese aveva spinto la ragione a trionfare sul piacere. La stessa introduzione dell’autore spiega questa tendenza come un adeguamento la temperie culturale, ma parla di “secolo di turpitudini e di oscenità” (parliamo ora dell’edizione Brockhaus).
In realtà potrebbe essere interessante anche confrontare la versione originale dell’Histoire e quella trascritta in francese e in tedesco per valutare se siano state e curate anche delle opinioni politiche e religiose che mal si accordavano con il nuovo secolo.
Ecco che un’eco di cultura moralista si fa strada e sembra andare prepotentemente a costituire una nuova sensibilità.